venerdì 1 novembre 2013

32 ANNI, FELICE


Sono felice!, ebbene sì! si può ancora dire in questo mondo "Sono felice!" senza essere presi dal senso di colpa che se non stai male qualcosa di sbagliato c'è?
direi proprio di sì e invito tutti a dirlo, gridarlo, essere contagiosi perchè la felicità esiste e ogni tanto passa a farci visita, magari appena prima della bolletta del gas ma passa. 
In questi due giorni mi sento così, mi guardo attorno e tutto appare perfetto, sintonizzato con il mio benessere, una donna meravigliosa accanto, la cena di ieri sera, la colazione e il libro di stamattina, i gatti sereni sui cuscini vicino alla stufa, le lanterne accese alle finestre, un buon vino, i colori dell'autunno oltre i muri del Nido e amici di passaggio come uccelli migratori. Il ritmo della natura si sente, se si respira sottovoce si sente il battito lieve di questa stagione, pura poesia. Immerso in questa eterna metamorfosi vedo un uomo nel mezzo del cammin di sua vita, mezzo contadino, del tutto felice, mentre si dona a se, seminando futura vita in questi giorni così vicini alla morte. Il farro antico inizia oggi, primo novembre, il suo viaggio al mondo e non conta se durerà solo alcuni mesi, ciò che conta è come vivrà, felice spero.

Per darvi qualche dato, abbiamo seminato su 100 mq (al posto delle patate) circa 1,5 kg di farro monococco, varietà antica, fornita da Gian Domenico Cortiana, titolare dell'azienda agricola omonima di Isola Vicentina VI. Per avere qualche informazione su questo meraviglioso cereale cliccate qui

martedì 1 ottobre 2013

SALAME AL CIOCCOLATO


Ecco un dolce semplice e buonissimo che adoravo fare e mangiare  prima di diventare vegana.
Ho trovato per caso una ricetta del “salame al cioccolato” nei giorni scorsi e me ne sono subito ricordata, così mi sono messa alla ricerca di una versione che mi convincesse di più di quella che mi era capitata fra le mani; manco a dirlo l’ho trovata sul blog di Sugarless, ma ho apportato una leggerissima modifica e qui di seguito vi lascio la ricetta :

100 gr cioccolato fondente al 70%
100 gr di biscotti secchi vegani
80 ml di latte di riso
40 gr di burro di cocco
100 gr di nocciole tostate
2 C di zucchero mascobado

Prima di tutto mettete in frigo per 20 minuti la lattina del latte di cocco, è necessario per separare la parte liquida da quella solida che servirà a noi, il burro di cocco appunto.
In un pentolino sciogliete a fuoco basso il cioccolato assieme al latte di riso. Lasciate raffreddare.
Frullate i biscotti assieme a 50 gr di nocciole tostate e metteteli da parte.
Prendete il rimanente delle nocciole e mettetele nel mixer, frullatele finché non buttano l’olio diventando così una specie di “malto” di nocciole. Unite il “malto” di nocciole al burro di cocco, ottenendo così un burro di cocco alle nocciole. Una volta che il cioccolato si sarà raffreddato unite tutti gli altri ingredienti ovvero i biscotti ( ne terrete da parte quanto basta per la copertura)  il burro di cocco alla nocciola e lo zucchero mascobado, amalgamate bene tutti gli ingredienti in modo da ottenere un composto omogeneo non troppo duro. A questo punto prendete della carta alluminio, spennellatela con un po’ di olio di mais, metteteci una parte di biscotti avanzati e distribuiteli sulla superficie, poi versate il composto e aiutandovi con il foglio di alluminio e le mani dategli la forma a salame, cospargete con il resto dei biscotti e arrotolate il salame nel foglio di alluminio chiudendo le estremità. Riporre in frigo per un paio d’ore prima di servirlo.
Successo assicurato !

giovedì 12 settembre 2013

FESTA DEL RACCOLTO


Sabato 7 settembre si è svolta a San Pietro Valdastico la "la festa del raccolto". Raccolto di patate e fagioli a opera delle aziende e dei simpatizzanti del gruppo “Le Masiere”. Anche per noi è stato un giorno di festa, sentivamo proprio la voglia di festeggiare e condividere la raccolta delle prime patate e delle diverse varietà di fagioli e sul nostro banco, come potete vedere dalla foto, le abbiamo esposte tutte, o quasi.
E' stato per noi il completamento di un ciclo iniziato a Marzo tra i banchetti della "festa dei semi" a Ca' dell'Agata dove raccogliemmo semi di fagioli tipici provenienti principalmente dalle montagne del Veneto e alcune varietà di patate, alcune antiche.
La passione per sentirsi generatori di biodiversità e bellezza, la terra ricevuta quest'anno, il sole e la pioggia hanno permesso che ciò accadesse e ora ne condividiamo con voi il frutto.
Patate:
Liseta, Desireè. Kennebec, Tonda Rossa, Val Formazza, Cinquantina, Cornetta rossa e Cornetta rossa antica, Cornetta bianca, patata Maori (dell'Australia).
Fagioli:
Fasola di Posina, Scalda, Caravaggio, Bianco di Spagna, Borlotto della Val Posina, Mascherina del Cadore, Lamon rampicante antico, Seclen di Asiago, Renon di Spagna, fagiolo del Frate, fagioli dell'oro della Val di Fiemme, Mangiatutto, Scalda "Riga de oro", Dolico dell'occhio.
Non sono presenti nella foto perchè non ancora maturi la Fasola del Diavolo, i Cialet della Val Belluna (presidio Slowfood), i Monachella del Cadore e i Zolfino.
In totale 10 varietà di patate e 18 di fagioli. 

sabato 3 agosto 2013

GAZPACHO


Dosi per 4 persone:

4 pomodori medi
1 cipolla bianca
1 cetriolo
1 peperone verde
olio extravergine di oliva
1 spicchio d'aglio
sale marino integrale
1 panino raffermo (duro, non gommoso)

Lasciare a bagno il pane in abbondante acqua per alcuni minuti.
In un frullatore riducete in purea la cipolla e l'aglio, unite quindi i pomodori spellati, il peperone verde e il cetriolo tagliati a pezzi. Frullate. 
Strizzate il pane e unitelo alle verdure, frullate fino ad ottenere una crema; a questo punto aggiungete l'olio e il sale. Eventualmente potrete aggiungere anche dell'acqua: il gazpacho è una zuppa fredda, da sorgeggiare soprattutto d'estate.

lunedì 22 luglio 2013

VEGANIMA


Fai presto ad accorgerti che questo non è un posto come tutti gli altri,lo intuisci dal modo in cui sono apparecchiati i tavoli,dall’interno in legno semplice ed accogliente,dalla cura di certi dettagli, dai libri selezionatissimi sugli scaffali. Poi conosci Luca e capisci che la Veganima di questo luogo magico è la sua, ed è bella, leggera, sana e ricca proprio come il cibo che prepara, con amore e passione e ce li senti tutti dentro questi due ingredienti speciali.
E poi ci sono tutti gli altri, dalla carinissima Giulia a Claudio e chi aiuta Luca in cucina, e hai la netta sensazione che tutti facciano quello che fanno con gioia, consapevolezza e perché lo vogliono fare.
Dopo cena viene naturale sedersi attorno ad un tavolo a parlare di scelte di vita, astrologia, Feng Shui e cucina vegana , gustando un cheese-cake che non potremo mai dimenticare. Ed è come se ci conoscessimo da sempre, perché qui ti senti in famiglia fin dalla prima volta, è uno di quei posti che vorresti tanto avere sempre a portata di mano, in cui vieni volentieri, non solo per pranzo o a cena ma anche solo per un super energetico estratto di frutta da sorseggiare all’ombra del portico, leggendo un buon libro o facendo due chiacchiere.
Se passate da queste parti non potete non fare un salto qui, nell’incantevole lago di Garda, in questo incantevole locale, un po’ bar, un po’ bottega, un po’ casa tua, ne sarete felici.

Qui trovate la loro pagina:  https://www.facebook.com/veganima.arco
Veganima, via Linfano 52, Arco TN   tel 0464 505278

lunedì 8 luglio 2013

UNA TORTA SPECIALE


Guardate  questa torta, guardatela bene, è vegana, ed è buonissima.
Vorreste la ricetta eh? Mi dispiace, non ce l’ho, perché non l’ho fatta io, purtroppo… tant’è lontana dal mio mondo di crostate, muffin e biscotti.
L’ha fatta per noi una persona speciale, un’amica, non è una pasticcera, badate bene, o meglio, non lo è di lavoro, ma lo è comunque, forse più di qualsiasi altro, “pasticcera dentro”. Così grazie a lei, alla sua sensibilità e al suo abile destreggiarsi tra il labile confine vegano e non  anche noi abbiamo potuto mangiare la nostra favolosa fetta di torta al matrimonio di Emilia e Michele.
Grazie Mariangela ! We love you! E… mi hai fatto venire una gran voglia di sperimentare con pan di spagna, creme e panna, vediamo cosa ne uscirà…

venerdì 5 luglio 2013

VIAGGIARE S-LOW


Da qualche anno, vuoi per esigenze alimentari, vuoi per esigenze economiche ma soprattutto per una grande soddisfazione, viaggiamo S-LOW.
Cosa vuol dire? Con lentezza e a basso costo, senza rinunciare alla bellezza del viaggio, anzi, cogliendone l’essenza.
Come? Viaggiando con un mezzo che percorre circa 50 km con un litro di benzina oppure con un altro che ne percorre 25 con un kg di metano, evitando se possibile le autostrade e naturalmente portando tutto il necessario per il pranzo, dal primo al dolce, dal vino al caffè.
Risultato: libertà, risparmio, qualità e nessuna fregatura.
Ma in fondo non era così quando eravamo piccoli? Non si partiva per una gita senza un minestrone, portato caldo da casa e mangiato tiepido in riva al lago. Solo il pane si acquistava lungo la strada. Ora tutto questo è passato e l’unica cosa che si porta con se è il portafoglio…perché bisogna spendere per sentirsi in vacanza… e poi si racconta che viaggiare costa caro!
Ma così non è, si possono spendere meno di 10 € per 170 km di viaggio, un pranzo completo con panorama e una spiaggia sul lago.
L’ultimo tiro di dadi ci ha fatto retrocedere di qualche casella ma l’importante non è vincere , l’importante è che il gioco duri, il più a lungo possibile.

Se hai 1000
e te ne servono 100 al giorno per essere felice
ti divertirai 10 giorni.
Se te ne servono 10 per essere felice
ti divertirai 100 giorni.
se non ti serve nulla
sarai felice per sempre.

martedì 2 luglio 2013

CHERRY MERRY MUFFINS


Ingredienti per 12 muffins :

-          2 cups di farina tipo 0
-          3 cucchiaini di lievito cremortartaro
-          1 pizzico di sale
-          1 cucchiaino di aceto di mele
-          1 cucchiaino di vaniglia in polvere
-          ½ cup di mandorle o nocciole tritate
-          Latte di riso o altro latte vegetale q.b.
-          6/7 cucchiai di marmellata di ciliegie
-          ½ cup di zucchero di canna
-          ½ cup di zucchero mascobado
-          ½ tazza di olio di mais

Mettere in una ciotola la farina, il cremor, il sale, l’aceto di mele, la vaniglia , le mandorle o le nocciole tritate e lo zucchero, unite l’olio e incorporatelo agli ingredienti con le dita in modo da farlo assorbire. A questo punto unite la marmellata e la quantità di latte vegetale necessaria per ottenere un impasto cremoso. Foderate uno stampo da muffin con dei pirottini di carta e riempiteli di impasto fino a circa ¾ . Infornate a 170° per 30 minuti circa. Deliziosi !

domenica 30 giugno 2013

52


Saliamo con ritmo regolare, ne troppo lento, ne troppo veloce, qualche sosta per sbirciare sotto di noi, per farci togliere il fiato dagli strapiombi, non c’è nessuno da superare, nessuna medaglia da appendere al collo, solo noi, il sentiero sotto gli scarponi e la fatica. Ce ne accorgiamo presto, già dai primi tornanti, viene spontaneo, è quasi vitale, liberarsi anche dei pensieri, lasciarli lì in terra, si sale meglio se si è più leggeri. Fa caldo anche quassù, il cielo non è limpido, il sole va e viene, lo sbalzo di temperatura dentro le gallerie fa venire la pelle d’oca. Guadagniamo quota senza rendercene conto, cominciamo ad essere sudati, una mosca si posa sul mio braccio, le do un passaggio per un tratto, come in bicicletta ci si aggrappava al braccio dell’amica in motorino. Cambiamo versante, da un affaccio riconosciamo sagome di contrade e case conosciute, la spirale del nostro orto perfino. Ne approfittiamo per tirare il fiato e poi su ancora, sorseggiamo dalla borraccia, durante lo sforzo è più la sete, la fame si fa sentire dopo, all’arrivo. La salita è quasi finita ma una deviazione del sentiero ce ne regala ancora un po’, allunga la strada di qualche passo, c’è ancora neve, scricchiola sotto gli scarponi ed è una sensazione strana a giugno. Tutto intorno macchie di erica fiorita e pino mugo e fiori viola e giallo e blu intensi. La deviazione ci fa uscire sull’ultimo tratto degli Scarubbi e da li ancora salita per guadagnarci il rifugio. Ci arriviamo da dietro, eccolo, ci accoglie un’atmosfera quasi surreale su questo cocuzzolo a sbalzo sul Pasubio, c’è pochissima gente, il lusso di poterci venire un giorno qualunque che non sia sabato o domenica. Ci guardiamo, birra, oh sì!, una bella birra ghiacciata e poi pranziamo a sacco, con quello che ci siamo portati sulle spalle fin quassù, panini con frittata di ceci, torta salata con tofu e verdure e una bella fetta di dolce, anche questo è down- shifting. Un boccone dietro l’altro divoriamo tutto, due ore e mezza di cammino ti mettono addosso una fame... Ce ne stiamo così per un po’ seduti a quel tavolo a sbalzo sul vuoto, sotto di noi nebbia che sale e ci avvolge, peccato, mai riusciti a vedere il mare da qui, una sensazione di serenità e leggerezza ci pervade, c’è bisogno di sudare magliette a volte, lasciare giù tutto e sudare magliette. Comunque siamo in forma, decidiamo di salire ancora, di proseguire per cima Palon 2232 m, ma questa è un’altra storia.

mercoledì 8 maggio 2013

LA GOLA SENZA IL PECCATO !


In questi giorni ho provato la ricetta di questa buonissima torta che pensate è senza farina e senza zucchero ! Soddisfa la voglia di dolce ma senza esagerare….
Ecco la ricetta :
- 750 ml di succo di mela
- 1 pizzico di sale
- 250 gr di fiocchi d’avena piccoli
- la buccia grattugiata di 1 limone
- 1 pizzico di vaniglia
- 2 grosse mele
- 2 cucchiai di uvetta
- 2 cucchiai di granella di nocciole

In una pentola capiente portare ad ebollizione il succo di mela con un pizzico di sale. Intanto grattugiare la buccia di un limone. Ai primi bollori aggiungere i fiocchi al succo e spegnere il fuoco, mescolate e lasciate riposare per 10 minuti circa finché i fiocchi non avranno assorbito completamente il succo di mela. Nel frattempo tagliate le mele a dadini, dopo averle sbucciate e tolto il torsolo. Quando i fiocchi hanno assorbito il succo (l’impasto deve risultare morbido, non liquido ma neppure duro) unite le mele a dadini, l’uvetta, 1 cucchiaio di granella di nocciole, la buccia di limone e la vaniglia. Versate l’impasto in una tortiera foderata di carta forno, stendete accuratamente l’impasto e ritirate nel forno già caldo per 40-45 minuti a 180°c finché non si formerà una bella crosticina dorata. Prima di sfornare cospargere la superficie con la granella di nocciole restante. Wow !

lunedì 6 maggio 2013

STRAWBERRY FIELDS FOREVER. LET’S START


Che si fa se in frigo c’è una vaschetta di fragole che avanza ? Si prova questa fantastica ricetta di marmellata di fragole ! Purtroppo ho ottenuto solo questo mini vasetto (il primo della stagione!)  ma era una prova perché ho intenzione di produrne in quantità industriali…. I love it !!!
Ecco la ricetta :
- 1 kg di fragole ben mature
- il succo di 1 limone
- 100 gr di zucchero di canna integrale
- 1 cucchiaino di vaniglia in polvere
- 1 cucchiaino di agar-agar (se necessario)

Lavate e tagliate a pezzi le fragole, mettetele a macerare per almeno un’ora o più con il succo di limone,lo zucchero e la vaniglia.
Trascorso questo tempo mettetele in una pentola e cuocete a fuoco basso per circa 30 minuti o fino a quando avranno la consistenza giusta. Nel caso che la marmellata non si rapprendesse abbastanza e fosse piuttosto liquida potete aggiungere l’agar-agar fatto sciogliere precedentemente in poca acqua e lasciato riposare per 15 minuti. Dopo che avrete aggiunto l’agar-agar bollite il composto ancora per qualche minuto e invasatelo ancora caldo in barattoli sterilizzati con acqua bollente. Chiudete i vasi e capovolgeteli per farli andare sotto vuoto. Buona buona !!!


giovedì 25 aprile 2013

STORIA DI UNA GHIRLANDA



Fino ad un anno fa ne ignoravo, non l’esistenza, ma il fascino; finché il magico mondo del fare manuale è entrato a piè pari nella mia vita. Si, proprio nella mia che, abilità in cucina a parte, non ne ha mai viste altre, soprattutto nell’ambito della creatività e della manualità, nelle quali mi sono sempre sentita fortemente negata. Forse non ci avevo mai provato sul serio, forse non ero abbastanza motivata, o il tempo mancava e così, a via di uno sporadico episodio a vent’anni che ricordo ancora con un certo orgoglio ( ricamai un disegno con delle paiettes sul retro di un paio di jeans) non ho potuto vantare grandi opere. Fino ad un anno fa… quando armata di carta vetrata, colori e pennelli, ho recuperato dei vecchi mobili trovati qui in casa : uno smaronamento ma una soddisfazione! Sulla scia del trans agonistico mi sono messa a tinteggiare (sempre di bianco) vecchie cassette da esterno, porta fiori e tutto quello che mi capitava a tiro, Daniele e i gatti mi stavano lontani in quel periodo… la frase del momento era “potrei dargli una mano di bianco” . Poi grazie a Dio è arrivato l’autunno e la smania di creatività si è trasformata in un nuovo desiderio… la macchina da cucire (mai cucito nemmeno un buco nei calzini in vita mia!) che prontamente, grazie a tutti i miei sostenitori, si è materializzata nel giorno del mio compleanno. Bene, la macchina da cucire c’è, e ora..? non ci resta che provare, le prove proseguono tutt’ora, un po’ alla volta, da autodidatta, le cuciture sono ancora stortine, ma pazienza, quando vedi uscire dalle tue manine sante un bel cuscino a pois, morbido, morbido, dove i tuoi mici fanno ogni giorno un sacco di nanna… E poi, e poi… le ghirlande! Dopo che una persona meravigliosa mi ha insegnato ad intrecciare una ghirlanda, è nata la prima, la ghirlanda dell’inverno, dove sta appollaiato l’angelo della neve, se n’è stato lì appeso al vetro della porta a guardar fuori per diversi mesi, il suo dovere lo ha fatto, eccome, neve ne è venuta tanta quest’anno, ma ora basta, è ora di primavera finalmente, abbiamo salutato e ringraziato l’angelo della neve perché adesso al suo posto abbiamo appeso la ghirlanda di primavera, una ghirlanda bianca con i cuori e i fiori verdi e lilla e i rametti di lavanda che ti viene il buon umore solo a guardarla e a me si riempie il cuore di felicità perché è bella e perché l’ho fatta io! Certo, magari in negozio se ne trovano cento di più belle, con i fiori perfetti tagliati con il laser e non un po’ sghembi come i miei, con il colore della ghirlanda dato alla perfezione, ma che noia le cose perfette, fatte in serie, evviva ciò che scaturisce dalla nostra fantasia e dalle nostre mani anche se un po’ impacciate. Forza ! C’è una sola controindicazione, crea dipendenza! Provare per credere !

venerdì 5 aprile 2013

UNA LUCE



Sebbene più tardi ma la notte arriva ancora.
E come ogni notte al buio resiste nella valle un’unica luce, rossa, sulle contrade dei versanti opposti.
Un solitario puntino luminescente su uno sfondo nero totale, l’eccezione che conferma la regola e quell’unica luce, vista da qui, potrebbe essere qualsiasi cosa.
La nostra casa una nave immersa nella notte e quella luce un faro in lontananza.
Una luce, essenza minima di un contatto terreno in questo buio che tutto parrebbe tranne che reale.
Un segno che da distanza, incerta, ma certa nello spazio, una compagna nel nostro navigare.
La notte qui è vera, il silenzio assordante e tutto tace e tutto attende.

venerdì 29 marzo 2013

VOLA COLOMBA



poteva mancare, qualche giorno prima di Pasqua,la ricetta della colomba Pasquale? E allora eccola qua, una ricetta tratta dal libro Pasticceria Naturale ( Terra Nuova edizioni) di Pasquale Boscarello, guru della pasticceria naturale appunto. E’ una ricetta molto semplice e il risultato è garantito. Ne otterrete una focaccia dall’impasto straordinariamente morbido e molto leggero perché privo di uova e burro. Purtroppo a casa avevo solo questi piccoli stampi da panettone (diametro 13,5 cm) e con le dosi della ricetta ho quindi ottenuto due piccole focacce ma in commercio trovate sia stampi a forma di colomba che quelli da focaccia più grandi. Provate,il risultato è davvero sorprendente e vi darà un sacco di soddisfazione.

Ingredienti:
500 gr di farina Manitoba (è importante usare la Manitoba perché questa particolare farina ricca di glutine riesce a dare elasticità e morbidezza all’impasto)
5 gr sale
100 gr mandorle tostate e tritate
2 arance (la buccia grattugiata e il succo)
150 gr di malto di mais ( oppure 100 gr di zucchero di canna integrale)
10 cl di olio di mais
1 cucchiaio di pasta di nocciole (facoltativo, io non l’ho messo)
25 gr di lievito di birra
30 cl di acqua tiepida

Procedimento:
Sciogliere 25 g di lievito in 300 g di acqua con 1 cucchiaio di farina. In un recipiente mettiamo tutti gli ingredienti asciutti: farina, sale, mandorle, più la buccia grattugiata di 2 arance (se usate lo zucchero mettetelo con gli ingredienti asciutti) In un’altra ciotola vanno messi gli ingredienti liquidi: malto (se usate il malto)  olio di mais, succo d’arancia e la pasta di nocciole (facoltativa). Quindi si mescola il tutto molto bene. A questo punto si uniscono gli ingredienti asciutti con quelli liquidi, aggiungendo l’acqua con il lievito. Si lavora bene l’impasto 5 minuti e si lascia riposare per 1 ora circa, coperto con un canovaccio, in un ambiente caldo, più vicino possibile alla temperatura ideale, dai 18 ai 25°. Si versa l’impasto nella forma della colomba e si lascia riposare per 1 ora circa, sin quando l’impasto non raddoppia di volume. Bisogna fare molta attenzione nell’infornare la colomba perché specialmente con il lievito di birra c’è il rischio dell’effetto collasso, che rischia di sciupare tutto il lavoro. Il forno deve essere a 200° per 40 minuti circa. A metà cottura è consigliabile controllare se la parte superiore della colomba ha preso troppo colore: in questo caso porre sopra con molta cautela, un foglio di carta stagnola. A fine cottura spalmare con un pennellino il lucido  ( miscela di malto e acqua nel rapporto 3 a 1) e distribuire sopra le scaglie di mandorla appena tostate).

p.s la ricetta originale prevede il malto ma dovendo condividere la focaccia con altre persone zucchero-dipendenti, l’ho sostituito con lo zucchero di canna. In teoria il potere dolcificante del malto è 3 volte inferiore rispetto allo zucchero. In base a questa proporzione avrei dovuto metterne 50 g ma ne ho comunque messo circa 100 gr che per i nostri gusti va bene. In ogni caso sperimentate a seconda dei vostri gusti e necessità.

Buona Pasqua!

mercoledì 20 marzo 2013

FIGLI D'IKEA



Siamo passati dall’epoca della casa a quella dell’arredo, dall’avere una casa cambiando gli arredi al cambiare la casa tenendo gli arredi.
La casa è stato il sogno concreto fino alla generazione di mio padre, un francobollo di mondo da recintare e su cui accatastare mattoni, formando muri e tra loro le stanze.
A noi, figli trentenni di questa generazione, tutto ciò appare inaccessibile e non rimane che aggrapparci al nostro unico sogno, al nostro capitale, l’arredo appunto, i mobili, che in quanto mobili si spostano! da una casa (nella migliore delle ipotesi) all’altra e di cui nulla possediamo, ne corpo ne anima. E’ solo il contenitore di turno della nostra collezione privata accumulata in anni, in sabati interi passati come zombie nell’aria pesante e sudaticcia dell’Ikea e da cui usciamo quando ormai è buio, come partoriti.
Arriva il momento in cui il set è completo,
cucina completa? Ce l’ho
camera? Ce l’ho
soggiorno? Ce l’ho
attrezzi, accessori e quant’altro? Tutto a posto.
E ogni trasloco diventa sempre più grosso, dal primo che porta con se solo i vestiti, i cd, uno stereo e il pc al quarto per cui non è sufficiente un container.
Ma per andare dove?
Altra sfida, nuova casa, stessi arredi. Difficile trovare una casa che sappia ospitare ad arte la tua collezione di mobilia; la cucina è troppo lunga, l’armadio pure, per il divano non c’è posto e quel verde come lo combino? E ad ogni passaggio le possibilità di trovare un contenitore adatto si riducono. Al quinto cambio si rischia lo stallo.
Ma allora perché al posto dei condominietti gialli e verdi non si realizzano delle scatole vuote e luminose? Dei loft aperti con grandi vetrate dotati solo del bagno, in cui ognuno possa approdare, dopo 8 traslochi, con il suo tir e sentirsi forse a casa.

PASSIONE SAPONI


martedì 12 febbraio 2013

FRITTELLE


Buon ultimo giorno di carnevale a tutti ! Per l’occasione oggi ho pensato bene di provare a fare queste frittelle con la polenta; la ricetta mi è stata data dalla mia vicina di casa, anche se prevedeva delle uova fra gli ingredienti che ho sostituito serenamente con dell’amido di mais.

Il risultato mi è sembrato ottimo dal momento che sono state spazzolate in pochi minuti !
Ecco la ricetta, mentre gli ultimi fiocchi di neve cadono dal cielo ormai azzurro:

500 gr di polenta del giorno prima
7 cucchiai di zucchero di canna integrale
12 o 13 cucchiai di farina di tipo 0
5 cucchiai di amido di mais
½ bustina di lievito
La buccia grattugiata di ½ limone
uvetta (regolatevi voi)
sale 1 pizzico
vaniglia in polvere
grappa un paio di cucchiai

olio di semi  per friggere ( io ho usato un mix di mais, girasole e olio evo)

schiacciate la polenta con lo schiacciapatate,unite tutti gli altri ingredienti fino ad ottenere un impasto né troppo morbido né troppo duro (se troppo morbido e
appiccicoso aggiungere ancora un po’ di amido di mais e farina). Quando l’olio sarà a temperatura,prelevate con un cucchiaino da the,un po’ di impasto e aiutandovi con un altro cucchiaino,fate precipitare l’impasto nell’olio caldo, e via via così fino a quando avrete ultimato , raccogliendo man mano le frittelle quando saranno belle dorate, adagiatele su carta assorbente et voilà ! Le vostre frittelle vegan e super croccanti sono pronte per essere gustate !

p.s una nota personale … siccome il fritto mette a dura prova il nostro fegato ( non se fatto ogni tanto e come si deve) ma se si esagera come in questo periodo di carnevale,tra crostoli,frittelle castagnole ecc… un aiuto per “sgrassarci” un po’ ci viene dalla bevanda di zenzero; Grattuggiate un po’ di zenzero fresco e ricavate 1 o 2 cucchiaini di succo , metteteli su un pentolino insieme ad un bicchiere di acqua e portate ad ebollizione per un minuto poi bevete caldo.

lunedì 11 febbraio 2013

NEVE



La ricetta della felicità:
1 lunedì pomeriggio alle ore 17.45
33 cm di neve fresca
200 m di ghiaccio in discesa fuori da casa con qualche curva
1 slitta di legno
1 bambino di trentun anni
Ho atteso tanto, troppo forse ma oggi ho ritrovato la felicità di me bambino, quella esplosiva che infiamma la vita fino all’ultima cellula.
Sembra una ricompensa per quel bimbo che per tanti inverni l’ha sognata rincorrendo previsioni, attesa con il naso incollato alla finestra affacciata al lampione, sospirata, percepita nel silenzio ovattato della notte e poco goduta.
Venuta sempre al limite, sempre sul filo tra l’essere solida o liquida, tra magia e delusione. Vedere il primo fiocco scendere, il primo in assoluto, lo vedevo solo io!, sognare di vederla per un giorno intero, di vedere la frenesia del paese acquietarsi, rassegnarsi per un po’ dinnanzi alla Dama Bianca, scendere in piazza la sera sotto i lampioni fiochi con le slitte. Niente auto, niente trajon. Tutto immacolato, assopito, quieto, sereno e finalmente domato, conquistato definitivamente.
Anche l’ultimo treno della sera è passato ripulendo per l’ultima volta i binari, scure lame gelide inghiottite ora di bianco.
Un cane abbaia in lontananza e mette tutti a nanna.
Questo nei miei sogni mentre, ancora col naso sul vetro, attendevo il secondo fiocco che venendo dopo il primo in assoluto era sicuramente il secondo in assoluto.
La realtà era spesso diversa. I fiocchi si scioglievano subito e c’erano sempre delle zone in cui non attaccava, sempre le stesse, chissà perché?!, e poi la strada ripulita subito e trasformata in una fanghiglia, le auto quasi indifferenti e il via vai che non si ferma mai. Pochi centimetri sul prato, sui coppi e sul cordolo di mattoni del muro. La delusione a questo punto, già in stato avanzato, era pronta a diventare frustrazione alla comparsa  di un pallido sole oltre le nubi o all’arrivo annunciato dello Scirocco. Lo Scirocco, per un amante della Dama, è visto come la peste. Arriva puntuale, come in un meccanismo collaudatissimo: cuscinetto freddo, perturbazione atlantica, neve, Scirocco, pioggia…noooo la pioggia noooo. A quel punto di fronte alla disfatta totale non rimaneva che attendere una nuova occasione. Spesso però arrivava prima la primavera.
Ma questo riguarda lo spirito degli inverni passati.
Ora, qui, in contrà Ganna 19 a Posina, a 650 m slm è un’altra storia.





mercoledì 9 gennaio 2013

C A S A : MAKING A HOUSE A HOME




Vi siete mai soffermati a pensare al significato della parola  C A S A ? Sarà che negli ultimi quattro anni siamo passati per quattro traslochi, quattro luoghi diversi ai quali doversi abituare, vicini diversi, abitudini diverse, strade diverse da percorrere in auto o a piedi, negozi diversi in cui fare la spesa, scale diverse da salire , porte diverse da aprire, quella che si apre in un modo, quella in un altro, quella che ci metti un sacco di tempo per capire il trucco che la chiude al primo colpo, che quando l’hai imparato non serve più ; cucine diverse dove sistemare tutte le tue cose più o meno sempre con lo stesso criterio, pezzi di design nordico Ikea in bella vista in cucine stile anni ottanta, in noce nazionale se ti va bene, ma sempre, sempre, con orribili pensili colorati, verde bottiglia o qualche altro improbabile colore, che si abbinano con la tonalità del piano lavoro in finto granito, che ogni volta ti viene da chiedere : ma cristo santo,bianco no??! .  
Le ho vissute queste storie, per questo le racconto, ma non solo io, tanti, la mia generazione è la generazione della casa in affitto, quella che, va bene tutto pur di andare a vivere per conto tuo e spendere poco, che di soldi non ce n’è, quella che, mi faccio l’appartamento in centro che anche se è piccolo e quando vengono i miei amici smadonnano per parcheggiare chissenefrega, quella che ti accorgi sempre dopo che i vicini di casa o i proprietari sono fuori di testa, quella che fai di tutto per rendere un tugurio tuo il più possibile, e magari un po’ ci riesci pure, ci dai pure un nome, ma dentro hai sempre quella vocina che ti dice che tanto non è casa tua, che prima o poi te ne andrai, che il letto dove stai dormendo o magari il tavolo dove stai pranzando non li hai scelti tu, li hai trovati, te li stai facendo andare bene, così come quel condominio orribile che vedi dalla finestra ogni mattina mentre fai colazione, con la tazza di caffé in una mano e mezza fetta biscottata nell’altra, mentre sogni prati verdi o montagne innevate davanti agli occhi.
Mi piace molto la distinzione che fanno gli inglesi tra house e home, house è la casa intesa come semplice abitazione, l’edificio insomma, home invece è ciò che per me è C A S A .
Mi sono chiesta spesso ultimamente cosa vuol dire per me C A S A, per me C A S A , anche se vi farà sorridere, è una tazza del water nuova, è potersi fare un bidet senza che il ginocchio sinistro finisca immancabilmente contro la parete della doccia, è la fine dello sforzo continuo di abbellire qualcosa di brutto, di nascondere lo sporco sotto il tappeto, se capite cosa voglio dire, di riempire gli scatoloni con orribili tende della nonna, e soprattutto la fine che ogni volta non sia mai per sempre.
C A S A è la gioia di tornare quando siamo in giro, un porto sicuro che chiude il mondo fuori quando ce n’è bisogno, e che si apre agli altri quando vogliamo, è il piacere di offrire un caffé  a qualcuno, è musica di piano in sottofondo e un leggero profumo di cannella dei biscotti appena sfornati. E’ la luce fioca invernale che entra dalla porta o una tenda svolazzante in una mattina di maggio, è il profumo della legna che brucia o quello delle sere d’estate, è rumori e odori e colori famigliari, è pezzi di terra, di asfalto e di cielo conosciuti, è cime di monti a cui sai dare un nome,è lo stesso albero che vedi cambiare di stagione in stagione, è non sentirsi più ne “foresti” ne appesi ad un filo.
Delle volte credo di avere molte case, la casa dei miei, dove sono nata e ho vissuto per parecchio tempo e alla quale sarò sempre legata con un filo sottile, la casa dei genitori di Daniele, perché mi ci sono sentita bene fin dall’inizio, la roulotte, perché per un periodo è stata la cosa più vicina ad una C A S A che abbia mai avuto, e infine questa, con i suoi alti e bassi, dove cerchiamo di far coesistere cose tutte nostre e cose altrui, la nostra nuova avventura con le sue vite passate, che non siamo riusciti ad amare così com’era ma abbiamo cercato di cambiare a nostro gusto e forse per questo un giorno lei non ci perdonerà e ce lo rinfaccerà come un’amante stanca.
Ma per ora siamo qui, domani chissà, per ora tu sei quella che un po’ alla volta stiamo cercando di chiamare C A S A , di sentire C A S A , porta pazienza, ti vogliamo già un po’ bene, non possiamo prometterti nulla però, oggi qui, domani chissà.   

martedì 8 gennaio 2013

DENTIFRICIO FAI DA TE




Da circa un anno abbiamo preso la buona abitudine di fare il dentifricio in casa con le nostre manine, a guadagnarci non è soltanto il portafoglio ma anche la nostra bocca visto che la maggior parte dei prodotti che si trovano in commercio hanno una composizione poco naturale; e poi è facilissimo e divertente. Ecco come fare:

INGREDIENTI :
- acqua fatta bollire e lasciata poi raffreddare
- argilla bianca*
- bicarbonato
- sale marino integrale
- olio essenziale di menta (o limone) e tea tree (azione disinfettante)

Mettete in una ciotola l’argilla (a seconda della quantità di dentifricio che volete preparare) , aggiungete l’acqua fino ad ottenere una pasta dalla densità tale da poter essere messa sullo spazzolino da denti, aggiungete un po’ di bicarbonato e un po’ di sale, alla fine unite qualche goccia degli olii essenziali scelti, mescolate il tutto e trasferite in un vaso di vetro.
Ed ecco il vostro fantastico dentifricio fatto in casa ! Veloce da preparare e che non crea rifiuti una volta finito.

* l’argilla bianca non è facile da reperire, recentemente però l'abbiamo trovata al negozio Biosapori di Vicenza della EOS al prezzo di € 4,10 di 500 g.
Prima di trovare l’argilla bianca, ho provato a farlo con quella verde, l’unica che ero riuscita a procurarmi ma la qualità del risultato è decisamente inferiore, la sensazione è un po’ quella di avere della terra in bocca e a chi è abituato ad usare i dentifrici classici può dar fastidio.