mercoledì 20 marzo 2013

FIGLI D'IKEA



Siamo passati dall’epoca della casa a quella dell’arredo, dall’avere una casa cambiando gli arredi al cambiare la casa tenendo gli arredi.
La casa è stato il sogno concreto fino alla generazione di mio padre, un francobollo di mondo da recintare e su cui accatastare mattoni, formando muri e tra loro le stanze.
A noi, figli trentenni di questa generazione, tutto ciò appare inaccessibile e non rimane che aggrapparci al nostro unico sogno, al nostro capitale, l’arredo appunto, i mobili, che in quanto mobili si spostano! da una casa (nella migliore delle ipotesi) all’altra e di cui nulla possediamo, ne corpo ne anima. E’ solo il contenitore di turno della nostra collezione privata accumulata in anni, in sabati interi passati come zombie nell’aria pesante e sudaticcia dell’Ikea e da cui usciamo quando ormai è buio, come partoriti.
Arriva il momento in cui il set è completo,
cucina completa? Ce l’ho
camera? Ce l’ho
soggiorno? Ce l’ho
attrezzi, accessori e quant’altro? Tutto a posto.
E ogni trasloco diventa sempre più grosso, dal primo che porta con se solo i vestiti, i cd, uno stereo e il pc al quarto per cui non è sufficiente un container.
Ma per andare dove?
Altra sfida, nuova casa, stessi arredi. Difficile trovare una casa che sappia ospitare ad arte la tua collezione di mobilia; la cucina è troppo lunga, l’armadio pure, per il divano non c’è posto e quel verde come lo combino? E ad ogni passaggio le possibilità di trovare un contenitore adatto si riducono. Al quinto cambio si rischia lo stallo.
Ma allora perché al posto dei condominietti gialli e verdi non si realizzano delle scatole vuote e luminose? Dei loft aperti con grandi vetrate dotati solo del bagno, in cui ognuno possa approdare, dopo 8 traslochi, con il suo tir e sentirsi forse a casa.

Nessun commento:

Posta un commento